Tra le sue tante attività, il Museo della gente della Val Resia ha voluto dedicandosi anche allo studio e valorizzazione del patrimonio archeologico presente in valle.
Questo argomento che, nel Comune di Resia, nessuno aveva mai affrontato utilizzando le moderne metodologie scientifiche di ricerca archeologica ha dato già i suoi primi frutti che vi presentiamo di seguito.
IL SITO ARCHEOLOGICO TA-NA RADO
Dal 2017 il Museo della gente della Val Resia, con la collaborazione di Carlo Fiappo, Ispettore Onorario per la tutela dei beni Archeologici della Regione Friuli -Venezia Giulia, coadiutore del Musei Civici e di Storia Naturale di Udine nonché dell’Università degli Studi di Udine che ha pubblicato numerosi articoli per riviste e libri volti alla valorizzazione degli aspetti storici, culturali, linguistici e naturalistici del Friuli, ha avviato una serie di progetti atti alla valorizzazione del patrimonio storico e archeologico della Val Resia.
Dopo aver contattato la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia per le dovute autorizzazioni il Museo ha potuto collaborare, per la parte scientifica, con la dott.ssa Angela Borzacconi, Funzionario archeologo presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, che ha coordinato le campagne di scavo condotte dal 2018 al 2020 in località ta-na Rado (Monte Castello), sopra Stolvizza,
durante le quali si è potuto mettere in luce buona parte delle strutture murarie di un intero insediamento fortificato d’altura di periodo tardo-antico.
A queste campagne di scavo, che si sono potute realizzare anche con il sostegno finanziario dell’Ecomuseo Val Resia, hanno partecipato molti volontari sia dell’associazione ViviStolvizza che dell’Associazione Aghe di Poç di Pozzuolo del Friuli, quest’ultima in qualità partner del progetto “Žïwa nawada/Tradizione viva. Canti e leggende della Val Resia”. In particolare, per il loro prezioso aiuto, vogliamo ricordare Ivano Lettig, Lino Buttolo, Marco Chiavon e Massimo Del Ponte.
INFORMAZIONI EMERSE DURANTE E A SEGUITO DEGLI SCAVI
La struttura che venne realizzata in una posizione chiaramente strategica, come riportato anche dalla documentazione d’archivio studiata, aveva probabilmente lo scopo di controllare una delle vie di comunicazione tra la valle del Fella e l’alta valle d’Isonzo.
Gli scavi hanno rivelato complessivamente una struttura di notevoli dimensioni con un recinto fortificato e una serie di edifici perlopiù realizzati con la stessa forma e dimensione.
Sono stati trovati diversi reperti (monete, frammenti ceramici e diversi oggetti di uso quotidiano) che hanno contribuito a datare il sito in un arco temporale compreso tra il IV al VII sec. d.C..
Buona parte delle strutture presenti sono collocate a ridosso del recinto fortificato, mentre la parte interna risulta priva di altri edifici. Simili complessi fortificati, conosciuti anche con i termini di refugia (refugium) o tabor, si possono riscontrare anche in altre località sia in Italia che in Slovenia.
La sua costruzione ed il suo utilizzo si potrebbe collocare all’interno dei sistemi difensivi denominati Tractus Italiae Circa Alpes e Claustra Alpium Iuliarum approntati tra il III e il V sec. d.C. per il presidio e la difesa delle alpi orientali (passaggio preferito per le incursioni in Italia).
Infatti, come si desume dalla letteratura inerente all’argomento, già verso la fine del III sec. d.C. si registra un’intesa attività di fortificazione in tutto l’arco alpino orientale. La realizzazione di queste opere difensive proseguirà per tutto il IV sec. d.C.. Queste furono realizzate sia nel versante orientale, con un sistema di mura di sbarramento che parte dall’alta valle dell’Isonzo fino ad arrivare a Tarsatica (l’attuale Fiume in Croazia), sia in quello occidentale con una serie di forti individuali che da Invillino (Villa Santina) vanno fino a Cividale. In questo contesto sono da inserire anche una serie di piccoli forti di supporto costruiti tra la valle del Fella e la valle dell’Isonzo come quello ta-na Rado a Stolvizza.
Le informazioni ricavate durante gli scavi del Castello di Stolvizza hanno rafforzato la tesi che la vallata abbia avuto una certa importanza nella linea difensiva dell’Italia, nel IV-V sec. d.C., durante l’ultima fase di un Impero romano ormai sull’orlo del baratro.
CARTA ARCHEOLOGICA
Tutte queste osservazioni hanno incoraggiato il Museo a perseverare nella ricerca archeologica. Pertanto, assieme alla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Friuli-Venezia Giulia e al Museo Archeologico Nazionale di Cividale, è stata avviata l’inventariazione di tutti i reperti ritrovati a Resia e conservati dalle competenti autorità in materia. Qui maggiori informazioni.
Questo allo scopo di “ridare vita” a quegli oggetti che, per un motivo o per l’altro, avevano subito una “Damnatio Memoriae”, una condanna all’oblio.
Oltre all’inventario dei reperti sporadici rinvenuti, per rendere fruibili tutti i dati archeologici emersi, è stata realizzata la “Carta Archeologica della Val Resia”.
Si tratta di una mappa digitale nella quale sono stati indicati i luoghi dei ritrovamenti, la loro descrizione con la relativa immagine e anche tutte le località della vallata che possiedono caratteristiche morfologiche e/o toponomastiche che potrebbero celare altri siti di importanza archeologica.
Questa carta, aggiornata al 1/02/2021, verrà parallelamente aggiornata con i dati archeologici che emergeranno.
Questa pagina è stata curata da Federico Lonardi, studente della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Udine e tirocinante presso il Museo nell’ambito del progetto PIPOL gestito dalla cooperativa Cramars.
Nel video che segue, realizzato dall’Ecomuseo della Val Resia, il conservatore Sandro Quaglia, illustra il progetto ed i lavori svolti sul monte Grad.
Sabato 2 aprile alle ore 10.00 nella sala consigliare del municipio a Prato di Resia si è svolta la cerimonia di apertura della mostra temporanea dedicata a questi aspetti.